Bonsai

La cura di un bonsai sembra spesso essere un complicato affare di Stato. Guide su guide, infinite pagine internet, consigli tramandati di generazione in generazione, per avere spesso risultati mediocri e certe volte tristemente disastrosi.

Il nostro consiglio principale? Fatevi guidare dai professionisti.

Da cosa nasce la complessità nella gestione dei bonsai? Senza scendere nell’aspetto della tradizione e della sensibilità estetica, sempre strettamente legate a questo argomento, i bonsai hanno delle “difficoltà” tecniche nella loro gestione dovute essenzialmente alla ridotta dimensione di vaso e radici. Poco vaso, poca terra, poco margine di errore per noi quando effettuiamo annaffiature, concimazioni e rinvasi, dato che le radici sono inevitabilmente più esposte e più sensibili agli agenti esterni.

Noi in questo caso vogliamo fornirvi qualche consiglio per partire bene, perché il resto viene con la pratica, la passione e la pazienza, e sono cose che nessun articolo potrà mai sostituire. E per darvi i consigli nel modo migliore, sapete cosa abbiamo fatto? Abbiamo chiesto ai professionisti!

Lasciamo quindi la pagina agli amici del Taranto Bonsai Club, che ringraziamo sia per il testo che per l’utilizzo del video sottostante: si tratta di una mini lezione sulla corretta pratica per la gestione di un bonsai tenutasi presso il nostro vivaio in occasione di una manifestazione, e può esservi utile per comprendere come si effettua il rinvaso di un bonsai e la corretta applicazione di alcune pratiche come la pettinatura, il taglio delle radici e l’impostazione della forma dei rami.

Vi invitiamo a visitare il loro sito e la loro pagina facebook.

A cura del Taranto Bonsai Club:

MI HANNO REGALATO UN BONSAI. E ADESSO?

A quanti non è successo di ricevere in regalo o di portare a casa, di ritorno dallo shopping in un ipermercato, un bonsai. A quanti, dopo qualche tempo, l’orgoglio di possedere un piccolo gioiello della natura si è trasformato nella frustrazione di vederlo morire, giorno dopo giorno, senza capire perché e senza sapere cosa fare per evitarlo.

In realtà concedere a queste piante (perché di piante si tratta, non di soprammobili!) la possibilità di sopravvivere alla nostra inesperienza si riduce a poche semplici regole che spesso però nessuno ci insegna.

Salvo alcune rare eccezioni sui banchi vendita le specie più comuni in commercio sono le solite e le più resistenti: ficus, olmo, serissa e carmona. Tutti bonsai denominati “da interno” ma che in realtà nella nostra calda Taranto andrebbero poste preferibilmente all’esterno, all’ombra, evitando loro la vicinanza dei termosifoni o l’esposizione ai raggi solari filtrati dai vetri delle finestre e soprattutto lontani dai vapori grassi di una cucina.

Trovato un posto ideale per il benessere di queste delicate piantine, magari su un balcone esposto a nord oppure all’ombra di qualche pianta più grande che eviti loro il sole nelle ore centrali della giornata, arriva il momento di provvedere anche alla loro crescita sana e vigorosa.

Il secondo passo, decisamente più “tecnico” sarà quello di sostituire il substrato nel quale la nostra piantina affonda le radici e dal quale assorbe nutrimento. Questa operazione, a volte pericolosa se effettuata nei periodi e nei modi sbagliati, si rende necessaria soprattutto se, come spesso succede, la terra appare compatta e argillosa.

In commercio esistono miscele già preparate a prezzi accessibili adatte allo scopo, reperibili in qualsiasi vivaio.

Nel video potete trovare alcune indicazioni sulla metodologia di rinvaso e sul perché esso è importantissimo quando si parla di bonsai. E ribadiamo ancora una volta: se non vi sentite sicuri e non volete imbarcarvi in un impresa che vi sembra titanica, siamo sempre a vostra disposizione.

Come mai il rinvaso è la prima cosa che i bonsaisti consigliano di fare, qualche tempo dopo aver acquistato la nostra pianta?

Mediamente i bonsai di importazione vengono venduti in un substrato formato principalmente da argilla. Questo serve ai grandi produttori per permettere lo stoccaggio e il facile trasporto delle piante poiché l’argilla aiuta a mantenere le radici al fresco- Tuttavia sul lungo periodo esso non è assolutamente il substrato migliore per coltivazioni di questo tipo, dato che non conserva sostanze nutritive, da cedere alle radici, ma soprattutto il suo peggior difetto è la gestione dell’acqua. L’argilla infatti con l’apporto di acqua non fa altro che indurirsi, gonfiandosi fino ad occupare tutti gli spazi liberi. La radice a questo punto non ha più ossigeno, e soffoca lentamente.

Un’operazione necessaria è quindi il rinvaso e la sostituzione del substrato con uno adeguato, formato da torba, materiale organico e una parte di inermi, come sabbia. pomice o pietrisco fine, che aiutino nella gestione dell’acqua. È un’operazione che va eseguita con attenzione e cura, perché non bisogna danneggiare le radici e va eseguita poco prima della ripresa vegetativa della pianta, per crearle meno problemi possibili. Questa operazione viene chiamata anche “pettinare le radici“, perché si opera con un bastoncino sottile che va inserito tra le radici per rimuovere il substrato non idoneo, appunto “pettinando” con ordine le radici.
Mediamente il rinvaso va effettuato ogni due o tre anni, per garantire un ricambio continuo di sostanze nutritive nel vaso e per “rimettere in ordine” la parte radicale del nostro piccolo bonsai.

Il bonsai, rispetto ad altre piante, ha necessità di proporzionare le radici alla chioma, tagliando la parte in eccesso delle radici stesse. Infatti, per natura, le piante hanno tanta chioma quante radici; ovvio quindi che, se dobbiamo mantenere la chioma del nostro bonsai minuta, dovremo prima o poi intervenire anche sulle radici. L’operazione, inoltre, stimola la produzione di capillari freschi, più giovani, che porteranno al rinnovo della pianta. Anche per questa operazione raccomandiamo di prestare massima cautela, e rivolgersi ad un esperto nel caso di dubbio, per non danneggiare la pianta in modo irreparabile.

Il fittone, in particolare, è una radice molto importate, potremmo dire la principale, quella che prima e più delle altre, in natura le ancora al terreno e permette loro di svilupparsi. È mediamente la più grande ed ha, appunto, una funzione di stabilità più che di nutrimento della pianta. Nel caso dei bonsai essa non serve e anzi, data la ridotta dimensione del vaso, può creare problemi nel corso del tempo, ed è perciò la prima cosa che i bonsaisti esperti rimuovono durante l’operazione del rinvaso.

Una volta “pettinate” e ridotte le radici si procede alla potatura ed alla “filatura dei rami”, in base alla forma che si desidera imprimere alla pianta. Le “forme” classiche dei bonsai sono diverse, alcune semplici e più facili da gestire anche per i meno esperti, altre molto complesse, che richiedono anni di lavoro per essere completate e dell’uso di strumenti appositi, come fili metallici o, nella tradizione, lenze e piombini.
Durante l’inclinazione dei rami va sempre rispettata la loro natura e la loro crescita, seguendo i percorsi della linfa e garantendo la corretta aereazione di tutta la chioma. La durata e l’importanza di questa operazione dipende dal tipo di essenza scelta. Per un olivo o un acero bastano anche pochi mesi in posizione, mentre altre essenze, come ad esempio il ginepro, richiedono molto più tempo perché più resistenti ai cambiamenti.

Questa è l’operazione in cui più delle altre si nota la sensibilità artistica del bonsaista e la sua capacità di creare un qualcosa di armonico e rispettoso della natura del bonsai stesso. Non sono operazioni automatiche, ma vanno studiate caso per caso. La bellezza di un bonsai, oltre ad essere estetica, è basata anche su un sentimento per così dire filosofico: è il far propria una pianta, crescere insieme a lei e studiarne di volta in volta le proporzioni, il movimento, la crescita. Vivere con un bonsai è un esperienza che, se fatta bene, è totalizzante ed appagante.

L’operazione successiva è il posizionare la pianta nel nuovo vaso. Un’operazione preliminare è quella di “tappare” i buchi sul fondo dello stesso con una retina. Essa serve a contenere la terra, evitando che l’acqua si porti via parti inermi del substrato, ma ha anche un’altra funzione, ovvero quella di evitare che parassiti esterni possano risalire nel terreno e mangiare le radici. Le modalità con cui fissare la retina sono diverse, nel video potete osservane una abbastanza facile da realizzare.

Il primo stato di terra va posizionato nel vaso prima di rimetterci la pianta. Una piccola montagnetta al centro può aiutare a distribuire le radici in modo che si allarghino in tutta la grandezza del vaso, come se fosse una mano aperta con le dita distese, facendo sì che le radici abbiano spazio per crescere e nutrirsi. Anche in questo caso si lavora con piccoli attrezzi, come bastoncini, per evitare accavallamenti. A questo punto si aggiunge altro terriccio, e va fatto lentamente, facendo in modo che la terra fresca e sciolta si depositi tra le diverse radici, evitando intrecci che le soffocherebbe e creerebbe problemi per i futuri rinvasi.

L’ultima operazione è l’annaffiatura, che va fatta lentamente, con getto morbido. La prima bagnatura abbasserà il livello della terra, perché la fa scendere negli spazi ancora liberi. Aggiungeremo quindi un altro leggero strato di terriccio lì dove serve.